Tab Article
Per tanti anni ho occupato un luogo privilegiato, una postazione unica dove, ogni giorno, veniva a trovarmi il mondo intero, calato in esperienze, desideri, sdegni, scommesse che si presentavano sotto una forma comune: fotografie. Ero il direttore di una delle più note agenzie foto-giornalistiche internazionali: "Grazia Neri". Paragonavo il mio ufficio a una stazione ferroviaria. A ogni ora approdava un "treno" con una destinazione diversa. Ho conosciuto centinaia di fotografi e fotografo che guidavano quei convogli ambiziosi e immaginari. Poi, all'inizio degli Anni Duemila il mercato della fotografia, soprattutto quello dei servizi foto-giornalistici (i cosiddetti reportage), è entrato in una crisi profonda, dalla quale non si è più risollevato. Sono bastati pochi anni di smartphone, social network e connessione wi-fi per trovarci circondati da un fiume impetuoso e assordante di miliardi d'immagini pronte a soddisfare i nostri bisogni, la nostra curiosità istantanea. Per arricchirci oppure portarci via qualcosa. Ma proprio oggi che tutti s'improvvisano fotografi, e sono diventati, consapevolmente o no, soggetti fotografici - in questa epoca dell'abbuffata di selfie sarebbero più utili che mai la storia e lo sguardo dei foto-giornalisti, il loro insegnamento. Lungi dal voler rappresentare un'analisi storica, accademica o esaustiva di questo convulso momento di transizione, e tantomeno della nascita di una nuova fotografia, ho raccolto riflessioni, sorprese...